Perché le banche non sganciano un euro

Le regole sono diventate ottuse, e se a ciò si aggiunge anche la pressione dei governi ad allentare le tensioni sui titoli di Stato, ecco servito il pasticcio: le banche corrono a comprare BTP e compagni, ma non concedono prestiti a condizioni meno difficili. Questo è evidente quando si guarda la massa monetaria M3, che suggerisce la quantità di moneta creata dalle banche attraverso le erogazioni di prestiti, mutui e compagnia bella. Depressione, almeno fino a oggi.

Infatti poche ore fa è stata rilasciata la stima della quantità di M3, che lascia qualche spiraglio all’ottimismo. L’offerta di moneta è cresciuta più delle attese, e  pure è salito il livello di prestiti a privati, anche se non così bene. Bisogna ovviamente essere timidi, e aspettare il secondo round dello LTRO previsto per il 29: se le banche avranno raggiunto la sicurezza del proprio patrimonio, e se non accadranno altre tragedie (e purtroppo all’orizzonte ce ne sono – ne parlo su Termometro Politico oggi), esse saranno ben liete di accollarsi qualche rischio in più, e far riprendere il circuito dei prestiti. È nel loro interesse. In caso contrario, la BCE potrebbe preparare un terzo round per giugno.

Per questo motivo «le banche non sganciano un euro». Non è che a loro fa piacere «strangolare l’economia»: esse ci sono dentro, e se le cose vanno male, perdono soldi. Ripeto, guardate che fine han fatto i soldi prestati alla Grecia: si sono dissolti come un fiocco di neve sparato nel sole. Il settore bancario va riformato, come suggerisce Riva, non c’è dubbio, le banche devono separare la gestione bancaria dalla “speculazione” (non nel senso complottista del termine, sia ben chiaro), e mettersi a fare le banche. Però bisogna andarci cauti: non si possono fare pressioni assurde sulle banche, non si può chiedere loro di avere la botte piena (un patrimonio troppo forte, che appesantisce l’efficienza della gestione), la moglie ubriaca (fare troppi prestiti all’economia reale, o farli in modo inefficiente), e pure l’amante (costringerle a comprare BTP).

La strada corretta (che poi è la speranza di Draghi) è salvare il sistema bancario (necessario: senza di esso tanti saluti a milioni di posti di lavoro) permettendo alle banche di rafforzare il patrimonio secondo parametri giusti, non punitivi, e spingerle a evitare di assumere rischi eccessivi a danno della raccolta bancaria, invitandole così in due modi a far ripartire il credito ai privati, senza però costringerle ad assumere per forza rischi che è inefficiente correre (prestereste soldi a uno sconosciuto sulla fiducia? Io no, e neanche le banche). Altrimenti (cioè nel caso di prestiti facili) il rischio di strozzare (stavolta letalmente) l’economia diventa concreto: non dimentichiamo che la crisi dei subprime nasce proprio dai prestiti facili concessi a chi non doveva riceverne, e questo a causa di quel bel tomo di Greenspan (ne ho parlato qui e nei commenti al medesimo articolo).

Non va dimenticato, infatti, che molto spesso sono i regolatori (quindi i governi e altre autorità pubbliche, come la Fed di Greenspan, appunto) a commettere errori, sia lasciando eccessiva libertà al mercato (che finisce per divorare sé stesso) che tenendo troppo stretto il guinzaglio (strozzando l’efficienza): le banche, come in generale tutti gli attori privati, puntano all’efficienza, che è cosa economica, mentre i politici hanno altri obiettivi, che sono cose politiche, che spesso costringono a sacrificare l’efficienza per il bene comune. Ma il rischio di fare errori e quello di scadere nell’eccesso non è assente (specie in Paesi ad alto tasso demagogico come l’Italia, ma pure in quelli paranoici come la Germania, per non dire degli altri).

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5 Comments

  1. Le banche non avranno tutta la responsabilità della crisi, ma certo non son sante le stai dipingendo.

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