Costi della politica, una riforma di facciata che vale pochi spiccioli

Per International Business Times

La vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo ha portato alla ribalta un tema spesso affrontato solo a livello dialettico, e mai a livello pratico, ovvero quello dei costi della politica. Si tratta di una riforma indubbiamente giusta, dati i sacrifici che il popolo italiano ha dovuto e dovrà affrontare, ma non è attraverso il loro tagli che i problemi del Paese saranno risolti.

Le cifre roboanti di cui si parla spesso vanno infatti ridimensionate drasticamente, indicando che le risorse per i tanti progetti promessi in campagna elettorale (fra cui il taglio delle tasse, a cominciare dall’IMU) andranno ritrovati altrove nel bilancio statale, e certo non nelle tasche degli italiani.

Il tema principe di queste ore è indubbiamente quello dei finanziamenti pubblici ai partiti, assegnati con una metodologia quantomeno bizzarra. Ad ogni modo i finanziamenti pubblici sono costati allo Stato appena 2,4 miliardi di euro, spalmati su 18 anni, una media di 133 milioni l’anno. Poca roba, ma comunque da riformare, visto che nello stesso periodo i partiti hanno speso appena 500 milioni di euro.

Per quanto riguarda i parlamentari, il loro costo (siano essi in carica o in pensione, per un totale di circa 3300 persone) è pari a meno di 400 milioni di euro l’anno, circa un quarto del bilancio del Parlamento, forse il più costoso d’Europa (ogni cittadino paga 26 euro l’anno per mantenere il Parlamento, contro i 13 dei cugini francesi). Un’altra riforma che va fatta, ma anche abolendo tali costi (cosa impossibile), insieme ai finanziamenti pubblici ai partiti (che negli ultimi anni sono stati di molto superiori alla media sopra riportata), arriviamo a 4 miliardi (meno, ma preferisco esagerare un po’). Aggiungiamo i costi del Quirinale (228 milioni l’anno), e raggiungiamo la somma di 4,3 miliardi.

Andiamo a vedere nella politica locale, cominciando dai politici regionali. Essi sono circa 1100 e costano circa 750mila euro l’uno, per un totale di circa 800 milioni di euro. Molto più sobri i consiglieri provinciali, che ci costano meno di 140 milioni di euro l’anno (una cifra virtualmente azzerabile con l’abolizione delle province). Risibile il costo dei politici dei piccoli comuni che si vogliono accorpare: parliamo di poche decine di milioni l’anno. Arrotondiamo i costi della politica locale a un miliardo, e il totale arriva a 5,3 miliardi ogni anno.

Capitolo auto blu: si tratta di circa 72mila auto (circa 2mila a disposizione dei politici, altre 10mila a disposizione per dirigenti apicali, le altre utilizzate per altre attività operative, senza un’autista assegnato, a differenza delle precedenti – sono escluse le auto usate dalle forze dell’ordine e assimilabili). Il loro costo annuo è pari a meno di 2 miliardi di euro, di cui 1,3 relative al personale (dunque comprimibili solo “dolorosamente”), 400 milioni relativi ai costi di gestione e il resto riguarda gli ammortamenti. Siamo a 7,3 miliardi di euro di costi (diretti) della politica, cui possiamo aggiungere la spesa per consulenze esterne (700 milioni) per fare cifra tonda a 8 miliardi.

La politica costa direttamente allo Stato 8 miliardi l’anno. Indubbiamente si tratta di molto denaro, e molto si può risparmiare su di essi. Si tratta, tuttavia, di poca roba rispetto al resto del bilancio dello Stato: per dare un ordine di grandezza, ogni anno 250 miliardi di denaro pubblico finiscono in pensioni, 200 miliardi in stipendi pubblici e 100 miliardi in sanità. Forse i tagli alla politica possono permettere un colpo di forbice all’IMU sulla prima casa (che vale circa 4 miliardi), ma non bastano certo a riportare la pressione fiscale a livelli meno sanguinosi, per non parlare dei soldi necessari per progetti come il rilancio dell’industria o delle infrastrutture.

I costi della politica sono evidentemente una goccia nel mare: vanno ridotti soprattutto per una questione di giustizia sociale in un momento storico in cui si chiedono lacrime e sangue agli italiani. Ma non è in questa voce di bilancio che si troveranno le risorse per mettere in atto tutte le riforme di cui questo Paese ha bisogno, a cominciare da una riforma del fisco che cessi di soffocare famiglie e imprese. La comprensibile indignazione per i costi dello Stato non può e non deve esaurirsi con una riforma di facciata.

Se l’articolo ti è piaciuto, puoi incoraggiarmi a scrivere ancora con una donazione, anche piccolissima. Grazie mille in ogni caso per essere arrivato fin quaggiù! Dona con Paypal oppure con Bitcoin (3HwQa8da3UAkidJJsLRfWNTDSncvMHbZt9).

7 Comments

  1. Solo esigenze di sintesi e arrotondamenti per eccesso: ho considerato tutti i costi del Parlamento (non solo gli stipendi), e i rimborsi elettorali erogati negli ultimi anni (molto, molto più alti della media).

    A occhio finirei sopra i tre miliardi, ma come già fatto in passato, preferisco esagerare un po’ per far filare di più il discorso.

    Specifico meglio.

    Sent from my Samsung Galaxy GT-S5762
    Blog: http://blog.tooby.name
    Twitter: http://twitter.com/ToobyTweet

    2013/3/5 Disqus

  2. Salve a tutti,

    vorei esprimere il mio punto di vista sull’articolo.

    Sono pienamente d’accordo su quanto scritto ma non lo limiterei ad un discorso di sola giustizia sociale. E’ verissimo che in un momento di crisi come questo proprio chi ci chiede di fare sacrifici e’ giusto che dia il buon esempio. Sarebbe un po’ la regola del buon padre di famiglia se vogliamo.

    Ritengo pero’ che un taglio ai costi della politica potrebbe tenere lontani quelli sciacalli che della politica ne fanno piu’ un obbiettivo per “sistemarsi” piuttosto che un luogo dove fare quello per cui si e’ stati eletti (o nominati). Insomma di putt.ne della politica ne abbiamo viste tante (non mi riferisco al solo sesso femminile), e oggi piu’ che mai abbiamo bisogno di persone che facciano politica per interesse del paese e non a scopi personali. Oltretutto se permettete, magari mi roderebbe anche un po’ meno il sedere pagare le tasse. La sola idea che parte dei miei soldi vada nelle tasche di Dalema (solo per citarne uno) mi rode da morire.

    Ultimo ma non ultimo, sebbene siano poca roba nel bilancio complessivo, ritengo che si debba pur iniziare da qualcosa ed e’ quindi considerando tutti i tagli, anche quelli piccoli, che posso valutare il risparimio. Un’ultima cosa e’ che l’idea che dai soli tagli della politica si possa aiutare anche una sola piccola azienda ad andare avanti mi fa impazzire di soddisfazione.

    Un saluto cordiale a tutti.

    1. Il punto dell’articolo è che invece di strepitare sui giardinieri del Quirinale, sarebbe meglio occuparsi dei costi indiretti della politica (corruzioni, clientele, ecc.). Tagliamo pure i giardinieri del Quirinale, ma non è lì che troveremo soldi veri.

Comments are closed.