La fiera delle idee balzane che non vogliono morire

Il caso italiano è peculiare poiché, oltre alla mano leggera sulla ricchezza legale, si è aggiunta la mano assente sulla ricchezza illegale, basata sull’evasione, sulla corruzione, eccetera, regolarmente moralizzata («Io mi sento moralmente tenuto ad evadere» e uscite varie). Poi quando il giochino era sul punto di esplodere, la palla è passata a Monti, il quale ha dovuto inevitabilmente fare cassa e subito, con patrimoniali varie (sulla casa, sulle attività finanziarie, ecc.), sui beni a domanda anelastica (la benzina), sui consumi (aumento dell’IVA), fino alla sacrosanta riforma delle pensioni. Attendiamo con ansia un riassetto del sistema fiscale che dia ordine a questo caos di aumenti, che inevitabilmente strozzerebbe l’economia.

Intanto, però, l’orticello s’è fatto sempre più piccolo: al capitale vampirizzato dall’illegalità e dai furbetti che mettono le mani nelle tasche degli italiani (gli evasori, i corrotti, le mafie, Berlusconi, eccetera), si aggiunge quello rubato dalle corporazioni varie, che nella lotta per la difesa delle proprie ingiuste rendite, del proprio pascolo, non si sono ancora accorte che quest’ultimo si sta inaridendo. Si impoverisce chi corporazione non è per proteggere caste che non correggono inefficienze, che non innovano, che non trovano modi creativi per risolvere le sfide del mondo (in piccolo, naturalmente: “sii il cambiamento che vuoi per il mondo”) e che talvolta (e pure più di talvolta) sono semplicemente inutili (per quale accidenti di motivo Tizio, primo, unico e noto proprietario di una casa, per venderla al proprio fratello o al proprio figlio – che magari paga cash – deve pagare dazio a un notaio, che non deve garantire per niente e né fare alcun controllo? Basterebbe andare al Comune, due firme, un timbro e tanti saluti. Dal notaio ci vai se ti serve, cioè se le parti non si conoscono, e allora controlli e garanzie sono benvenute. Il problema, però, si sposta sulle tariffe minime, che sorreggono [e si spera sorreggevano] il sistema).

Chissà il muro che si ritroveranno a destra, dominato dal populismo della Lega e dai liberali all’acqua sciacquata del PdL (che non è un partito liberale, va sottolineato, bensì anarco-liberale, e cioè “amici elettori, fate quello che mazzo vi pare, basta che me ne venga in tasca qualcosa; popolo, guarda Canale 5 e muto”). Per non parlare della demagogia delle sinistre parlamentari, extraparlamentari (e oltreparlamentari), che al confronto con i reaganiani appare una farsa nella farsa: Rizzo, capo di uno dei partiti comunisti monopersonali, boccia le liberalizzazioni, affermando di stare dalla parte dei tassisti (che sono contrari) e dei benzinai (che alla liberalizzazioni sono favorevoli, e sciopereranno contro la timidezza del governo nei riguardi dei petrolieri). Poche idee, ma ben confuse, i comunisti, al solito.

In mezzo i partiti di centro, che non sono né carne né pesce (con menzione d’onore per il PD, senza sarcasmo, perché ha almeno una base viva e attiva, ma che non riesce a liberarsi delle mummie né dei finti giovani).

Chi si è fatto un giro nella Storia d’Italia qualche volta non può non sentire l’odore di qualcosa che è stato già odorato fra Ottocento e Novecento, pur con le dovute differenze, la Storia si sta ripetendo. L’elemento più divertente, nella sua tragicità, è il Movimento dei Forconi, evidente revival dei Fasci Siciliani. Le destre sono sotto scacco dei notabili e di idee del menga, il centro è sotto scacco della Chiesa e di idee del menga, le sinistre si dividono di continuo su idee del menga, quando ci sono. Si aggiungano le misure imposte contro la crisi, necessarie ma non bilanciate da manovre anticicliche, a ricordare gli anni Trenta. E altro ancora. Il piano ideologico del decennio pare sempre più quello di un secolo fa: il caos che poi trovò la sua summa nello Stato fascista, un dramma buffo in continuo divenire perché Mussolini non aveva la più pallida idea di quali fossero le sue proprie idee e posizioni politiche, economiche, sociali, affidandosi semplicemente al fiuto, all’olio di ricino e ad avversari che invece di combatterlo avevano deciso di arrendersi e ritirarsi sull’Aventino a giocare a rubabandiera (esclusi i comunisti, che tornarono presto a combattere laddove si doveva, nell’Aula, ma quelli erano altri comunisti, non la barzelletta indegna che ci sono oggi). Non vedo una guerra mondiale all’orizzonte, ma temo che questa confusione sul piano delle idee possa portare a tensioni e poi chissà: il vento fascista soffia dall’Ungheria, anche se più debolmente di qualche mese fa.

Bisogna ricordare che Monti è una toppa, non la soluzione del problema: se il suo Ministero ha successo, ma la classe politica non cambia, continuando ad aggrapparsi a ricette obsolete, scialbe e dannose, il problema sarà semplicemente spostato nel tempo, come lo fu con i governi tecnici di inizio anni Novanta; se invece c’è il fallimento (segno che la classe politica non è cambiata), oh, beh… potete immaginare.

Per questo è a mio avviso necessario sostenere Monti, soffocando il populismo dei soliti demagoghi usando la Ragione e la concretezza della realtà, ma non può bastare, perché tempo un anno e Monti potrebbe tornare a mangiare tortelli in privato. Il dopo è ancora ignoto, però c’è una realtà che richiede di essere interpretata con lenti nuove, non con le lenti del reaganismo, vecchie e sceme, o del marxismo, idem, c’è un sistema attuale che ha bisogno di maggiore libertà e tutela per chi è più debole e denti più aguzzi contro il più forte. L’Italia potrebbe essere di gran lunga la più forte delle economie europee, dice una fonte piuttosto autorevole: tendo a ridimensionare questo ottimismo, ma è innegabile che l’Italia abbia tesori ineguagliabili fra le mani, come pure gli italiani sono pieni di creatività, ma che tutto questo non viene sfruttato. Il turismo viene demolito dall’incuria dei governi per i nostri patrimoni naturali e artificiali; le grandi marche, o almeno quelle più sane, vengono pian piano divorate da imprese straniere (il che non è un male in sé, è più un sintomo di un tessuto economico in disfacimento – qualcuno ha detto Parmalat? Si ricordi con quale facilità Lactalis andò a vedere il bluff dei capitali coraggiosi italiani); la creatività, imbrigliata nei lacci della burocrazia che protegge vari tumori (farmacisti, tassinari, grandi banche, notai, avvocati, petrolieri, continuo?), finisce per espellere le eccellenze e costringere chi rimane a usare il proprio ingegno per sopravvivere a questi strozzinaggi legalizzati approfondendo il problema.

Guai se l’interprete di questa realtà si rivelerà essere di nuovo un istrione ignorante (e in giro ce ne sono tanti): il risultato sarebbe il medesimo, occhi bendati sugli abusi del più forte, panem et circences alla plebe, finché non restano che macerie.

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7 Comments

  1. Ciao, nel primo paragrafo la frase “chi ancora sostiene queste sciocchezze” non si capisce bene a quali sciocchezze si riferisca… immagino sia “chi sostiene il contrario” rispetto all’immagine che riporti, ma scritta così imho non si capisce.

  2. Sono felice, nel mio piccolo, di averti dato il là per questo splendido post. Molto chiaro, come sempre.

  3. Di balle sulla Grecia ne ho lette tante, ma mai grosse come quella scritta da te che il popolo è responsabile della situazione quanto la classe dirigente e le banche. Forse sei troppo giovane per capire, presto o tardi ti ricrederai, nel frattempo cerca di non scrivere proprio tutto quello che ti passa per la testa, te ne potresti pentire nel futuro.

    1. Credo nella democrazia, e fin da bambino i miei genitori e i miei maestri mi hanno insegnato che ogni popolo sceglie il capo che merita. Se c’è un voto, e da quel voto vengono fuori dei criminali, chi ha votato, ha votato dei criminali, chi non ha votato, ha messo la testa sotto la sabbia. Il popolo non è un’entità irresponsabile, mai.

      Non raccolgo l’intimidazione e me la rido: io scrivo tutto ciò di cui sono convinto, poi, come diceva Keynes, «When the facts change, I change my mind. What do you do, sir?» o come dicevano i miei nonni «Solo i fessi non cambiano mai idea».

      Per questo continuo a scrivere tutto ciò che in un tale momento ritengo essere giusto secondo la mia educazione.

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