Perso potere d’acquisto? Colpa degli stipendi, non dell’euro

A small cup of coffeeÈ una cosa che ho puntualizzato un milione di volte (l’ultima volta qui), ma che pare necessitare sempre di un richiamo: la perdita di potere d’acquisto non è dovuto al rincaro dei prezzi, quanto al fatto che gli stipendi sono rimasti fermi. Ovvero, l’inflazione è aumentata ad un tasso normale, mentre gli stipendi, a causa della crescita zero che subiamo da dieci anni, sono rimasti bloccati.

Il Corriere della Sera a pagina 8 (non trovo una versione online, ma lo si può leggere qui [articolo a firma di Giuliana Ferraino, che mi risulta peraltro moglie di un economista non certo ignoto]), dopo aver mostrato gli aumenti dei prezzi subito dopo l’arrivo dell’euro (permessi dalle autorità grazie alla vigilanza zero del governo, all’epoca affaccendato coi lodi Schifani vari per salvare la pelle al grande capo Berlusconi), fa un confronto fra il costo di certi beni nel 2001 e nel 2011:

Qualche esempio? La pizza 4 stagioni costava 10 mila lire, oggi bisogna sborsare 10 euro, quasi il doppio. Per mangiare un Big Mac nel fast food vicino alla Stazione Centrale a Milano oggi si spendono 3,5 euro: dieci anni fa bastavano 4.900 lire (2,53 euro). Il canone Rai costava 179 mila lire: è salito a 112 euro, con un aumento del 21,1%. Anche il canone di Telecom Italia è passato da 24.840 lire mensili (12,83 euro) a 16,50 euro.

Tenderei a tralasciare il prezzo della pizza, perché lo trovo strano (e molto poco verificabile e molto variabile): il 26 dicembre [2011] per 5 (ottime) pizze, di quelle tonde (due margherite, una patatine e würstel, una patatine e prosciutto, una quattro formaggi), abbiamo pagato 21 euro (4,2 euro in media, erano 5000 lire dieci anni fa, aumento annuo medio del 6,7% circa – poco meno dell’8% la quattro stagioni della Ferraino).

Prendiamo gli altri tre prezzi, che sono maggiormente verificabili (il BigMac viene addirittura usato da The Economist per comparare i prezzi fra i vari Paesi del mondo) e ci aggiungo quello del biglietto della metro di Milano (citato poche righe prima nell’articolo, passò da 1500 lire/0,77 euro a 1 euro tondo, e a tale cifra è rimasto fino a pochi mesi fa, quando è arrivato a 1,5 euro). In percentuali (circa) abbiamo questo:

Inflazione in Italia, elaborazione grafica di http://www.inflation.eu
  • L’aumento annuo medio del BigMac è stato del 3,5%;
  • L’aumento annuo medio del canone RAI è stato di meno del 2,5%;
  • L’aumento annuo medio del canone Telecom è stato di poco più del 2,5%;
  • L’aumento annuo medio del biglietto della metro di Milano (prima dell’aumento) è stato del 3%
  • L’inflazione annua, come potete comodamente inferire dal grafico a destra, nel medesimo periodo 2001-2011, è rimasta per lo più stabilissima intorno al 2,5%.

Insomma, se “normalizziamo” i numeri roboanti (quelli citati, ma pure quelli inseriti nell’infografica che affianca l’articolo), notiamo che la tesi che si evince dall’articolo non esiste: esplosioni di prezzi causate dall’euro non ce ne sono state, solo normalissima inflazione. E invece è accaduto tutt’altro: ad esempio il prezzo del caffè (intendendo i chicchi) è quadruplicato dal 2001 a oggi, ma il prezzo del caffè (quello del bar) è passato (sempre stando a Ferraino & co.) da 0,77 a 1, il cappuccino da 1,03 a 2, mezzo chilo di Lavazza (miscela di Arabica e Robusta, il cui prezzo è pure quintuplicato) da 4,54 a 6,29. Se non ci fosse stato l’euro, con la lira molto svalutata, il caffè del bar probabilmente costerebbe 6000 lire.

Idem dire per la benzina, con prezzo del petrolio triplicato, ma alla pompa l’aumento è stato del 70% (meno che raddoppiato) in 10 anni, e va considerato che dal 2001 a oggi sono stati introdotti ben 0,19 centesimi di euro di nuove accise, più l’IVA rincarata.

In dieci anni il prezzo dei beni che importiamo è esploso e grazie all’euro abbiamo attutito il colpo. L’euro, in altre parole, ci ha salvato da guai più grossi.

Dov’è dunque quest’inflazione generata dall’euro? Non c’è, non esiste, scordatevela. Se siamo più poveri, i motivi sono due:

  1. il Pandoro Interno Lordo (PIL) che ci spartiamo ogni anno è rimasto fermo negli ultimi dieci anni per motivi che ben conosciamo. Nel 2001 pesava un chilo, oggi pesa sempre un chilo (un chilo e 50 grammi, per la precisione), ma ce lo mangiamo in 60 milioni, contro i 57 del 2001;
  2. non solo, ma il pandoro medesimo è stato ripartito in modo molto più ineguale, e a mio avviso inefficiente: stando al CIA Factbook l’indice di Gini che misura la disuguaglianza è passato da 0,273 del 1995 a 0,32 del 2006 (e altre stime lo fanno arrivare a 0,36 nel 2009).

Se siamo più poveri, dunque, è perché i più ricchi si prendono più fette di un pandoro grande quanto quello che mangiavamo dieci anni fa.

Per cui lasciamo in pace l’euro, grazie. Se volete sapere con chi prendervela se non arrivate a fine mese, vi raccomando questo approfondimento.

(E non parlo del prezzo del latte per pietà, ma ci sarebbe un bel pacco di filippiche da fare)

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14 Comments

    1. Mah, io sono in una certa provincia del sud Italia, e i prezzi sono più o meno questi (due sere fa un panino con dentro mezzo universo culinario l’ho pagato 5; il 23 scorso, un panino bello grosso, 30 cl di cola e un piatto di wurstel e patatine, tutto a 13 euro).

      Ma mi sa che ci sarebbe un discorso più ampio da fare: due sere fa, per esempio, il nostro era il terzo scontrino della serata, ma ben più di due gruppi di persone erano usciti dal locale prima di noi…

      1. Dici bene quando dici che il prezzo della pizza non è un parametro serio: a Milano (in centro) ho visto pizzerie con la Margherita a 6/8 Euro; nella Bassa (Lombarda) la Margherita viene intorno a 5 Euro (a meno che tu vada in un cinese-pizzeria dove costa 4). Al di là di questo, mi incuriosisce la storia del Big Mac: ho scoperto per caso, ma poi ne ho avuto la conferma da amici in giro per l’Italia, che il diretto concorrente di McD’s (Burger King) attua prezzi differenti in base al punto vendita. In Piazza Duomo a Milano si praticano prezzi simili a quelli del centro di Firenze, mentre in altre città più provinciali, i prezzi sono più bassi.

  1. Vorrei capire una cosa però, tu parli di stipendio fermo in che senso?

    Mi spiego, se vado dal mio datore di lavoro e chiedo l’aumento, non me lo dà ovviamnete ha un sacco di problemi, e preferisce reinvestire nell’azienda, ed il resto dei pianti suoi lo risparmio perchè son cose trite, dal pagare le tasse al costo delle materie prime e servizi, per non parlare della manodopera che non corrisponde a quanto pagato.

    Ecco allora vorrei capire in che senso stipendio,  nel senso che gli aumenti sono stati arbitrari quanto le tassazioni e stipendio fermo in quel senso, oppure doveva susseguire comunque un’aumento di stipendio generale con l’aumentare dei prezzi?

    1. Lo scrivevo in un vecchio articolo (2008), in molti punti ormai obsoleto, ma la tesi di fondo è ancora valida: gli stipendi non possono aumentare perché pur essendo da fame sono troppo alti http://blog.tooby.name/2008/09/07/il-lavoro-costa-troppo-ma-gli-stipendi-sono-bassiche-significa/ (e il seguito http://blog.tooby.name/2008/09/10/ancora-sul-costo-del-lavoro/ )

      In altre parole, finché han potuto, gli stipendi hanno seguito l’inflazione, poi, con la crisi attuale (dal 2008, diciamo), hanno smesso per mancanza di soldi (non so quanti contratti collettivi sono già scaduti da anni…).

      1. Da quel che ho capito, l’inflazione è salita a seguito del fatto che più di qualcuno ha chiuso un’occhio durante il cambio lira/euro nel 2002, facendo pagare alla popolazione lo scotto.

        Quanto ai salari, tu parli di produttività legata alla tecnologia e ricerca, ma vederemo questo governo/parlamento cosa combinerà da qui in poi, ma ho parecchia paura su quel che avverrà sinceramente.

        1. Non si può negare che in molti casi vi siano stati grossi aumenti subito prima o subito dopo l’arrivo dell’euro. Però, come scrivo nell’articolo, questi rialzi sono stati riassorbiti negli anni successivi, sicché, in media, l’inflazione è cresciuta ad un tasso “normale”.

  2. Serve, specie se lo Stato dice a chi è più ricco: o le nuove fette di pandoro le investi (almeno in parte, specie nella tua azienda) o te le tolgo e le investo io.

    Le politiche reaganiane applicate negli ultimi decenni invece dicono: io non ti tasso e spero che tu investi. E come puoi immaginare non funziona moltissimo.

    Grazie mille 🙂

  3. Al netto della crescita a debito e a svalutazioni continue, l’Italia non cresce dagli anni Settanta. L’avvento dell’euro ha solo fatto scontrare la crescita Sim-Sala-Bim con la realtà: scomparsa (con l’entrata in Europa) la possibilità di fare debito per creare una crescita che altrimenti non ci sarebbe stata e scomparsa (con l’euro) la possibilità di svalutare per creare ricchezza illusoria mentre si impoverisce la gente, tutti i nodi sono arrivati al pettine.

    1. (Krugman lo leggo pure io, tranquill*)

      Ribadisco quanto detto da un bel pacco di economisti, Krugman compreso: il problema non è fiscale in nessun Paese d’Europa, esclusa la Grecia, che i conti li ha falsificati.

      Per cui la Grecia trattala pure come caso a parte: il motivo per cui hanno sfondato gli obiettivi di deficit è perché si sono infilati in un buco senza fondo nonostante ammonimenti da parte di Eurostat che arrivavano dal 2004.

  4. 2 giugno 2001 gettone per doccia al mare 500 lire, 2 giugno 2002 stesso gettone 50 centesimi di euro 70 mq di casa 115 milioni nel 2001 170.000 mila euro nel 2004 fate voi i conti forse la colpa è anche di chi non ha voluto vedere oltre il proprio naso e la responsabilità dei nostri governanti stà nell’avere dato concessioni a chi di queste ha fatto strozzinaggio legalizzato.ora si aumenta luce gas autostrade ecc gli italiani faranno sacrifici spegnendo qualche lampadina coprendosi di più in casa viaggiando meno ma lo stato  incasserà la stessa cifra investendo meno e sfruttando gli italiani che non hanno possibilità di difendersi.

    1. Gettone doccia mare 2 giugno 2011? È quello che ci interessa.

      Quanto alla casa, nel 2004 eravamo in piena bolla immobiliare (quella che poi, scoppiando, avrebbe causato la crisi in cui siamo infilati ora).

      Comunque no, lo Stato non ricaverà la stessa cifra, tranquillo, da mesi andiamo avanti dicendo che una manovra tutta tasse ci porta in recessione e quindi meno reddito da tassare. Su questo blog, pur sostenendo Monti, ho ribadito che molte categorie di persone, specie i giovani precari, non possono né devono accettare altri sacrifici, spingendo perché paghino pro quota le generazioni precedenti (specie quella del baby boom, responsabile del megadebito pubblico) e chi non ha mai pagato (le caste e corporazioni varie, oltre che gli evasori e compagni).

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