[Economics for dummies] La bolla che sorge a est

¥100Qualche giorno fa parlavo su Twitter delle prossime bolle (( Chiamarle bolle forse è un po’ impreciso, ma voglio rendere bene l’idea. )) sulle quali siamo già seduti e che potrebbero causare l’ennesimo rallentamento/recessione/catastrofe nei prossimi mesi/anni. Dr Jonx mi ha chiesto quali fossero (e lo ringrazio per la sua curiosità).

Una di queste bolle sta già scoppiando, ed è facile da spiegare: si tratta della crisi di finanza pubblica degli USA. Comuni, contee, addirittura interi Stati (vedasi la California) semplicemente non hanno soldi e stanno fallendo o sono già falliti, e a peggiorare le cose c’è anche la crisi di debito pubblico che sta assalendo lo Stato centrale. Il rischio non è tanto il default degli Stati Uniti, ancora lontanissimo, ma il fatto che questa crisi potrebbe rallentare ancora l’economia statunitense, che è ancora la locomotiva del pianeta.

L’altra bolla è quella cinese, ed è un po’ più complessa da spiegare (( Spero di non perdermi nel ragionamento. )) . La Cina, da diverso tempo, sta cercando di raggiungere tre obiettivi che però sono in contrasto fra di loro, ovvero forte crescita, bassa inflazione e tasso di cambio fisso.

Il modello economico cinese si basa sulle esportazioni: se crollano le esportazioni, la Cina si polverizza, poiché non esiste una rete di sicurezza (il welfare) per i propri cittadini. Il governo cinese, perciò, è costretto a tenere calmo il tasso di cambio dello yuan, poiché se salisse troppo le esportazioni crollerebbero.

Per farlo, il governo toglie liquidità, cioè soldi, dal mercato. Facendo questo, però, i tassi di interesse dovrebbero salire, attraendo i capitali degli investitori esteri. Se il governo non facesse nulla, questi capitali in entrata farebbero salire lo yuan, ed è ciò che il governo vuole evitare. Per questo motivo il governo tiene i tassi di interesse artificialmente bassi e assorbe la liquidità in eccesso.

È finita qui? Magari! Se i tassi di interesse sono troppo bassi e non vi sono altri sfoghi (come ad esempio un cambio libero di fluttuare), si ha un aumento della produzione (che per la Cina significa, al momento, bolla immobiliare, la scintilla che ha fatto esplodere la crisi) e questo fa aumentare l’inflazione. E l’aumento dell’inflazione è un altro dei nemici che la Cina deve combattere, poiché non vuole affamare la sua popolazione (non vuole certo fare la fine del Nord Africa di questi giorni). Se consideriamo poi l’ipotesi di Fisher, se l’inflazione dovesse aumentare, ciò produrrebbe una pressione al rialzo per i tassi di interesse, e ciò richiederebbe nuovamente l’intervento del governo di cui al paragrafo precedente.

Appare evidente che questo sforzo è assimilabile a prosciugare l’Oceano Pacifico: la Cina vuole avere non solo la botte piena, non solo la moglie ubriaca, ma pure un’amante che lo mantenga, ovvero vuole avere un tasso di cambio fisso, tassi di interesse bassi e inflazione non esagerata. Ciò crea squilibri tremendi, che la Cina deve sfogare in qualche modo.

Uno dei modi è stato esportare l’inflazione, ovvero, invece di lasciar sfogare l’inflazione sul tasso di cambio, la fanno pagare ai Paesi importatori. Purtroppo (per la Cina) i Paesi importatori si stanno incazzando, perché questo deprime le loro (le nostre) economie, con un importante effetto sull’economia cinese: se il mondo occidentale è in crisi ha più difficoltà a importare non solo la merce cinese, ma pure la sua inflazione. La stima dell’inflazione cinese nel 2010, secondo la CIA, è del 5%, ben al di sopra della soglia target fissata dal governo al 3%. In altre parole, ne ho parlato poco tempo fa, la Cina sta scaricando i propri squilibri sul resto del mondo, ma questo è un gioco che non può continuare a lungo.

I primi segnali stanno già arrivando: le banche cinesi, nonostante il boom economico, non hanno soldi e comincia ad accadere che la banca centrale sia costretta non a togliere, bensì a immettere denaro nel circuito economico. Il rischio è che la Cina si riveli un gigante dai piedi d’argilla, e questo rischia di destabilizzare una situazione macroeconomica mondiale ancora piuttosto precaria.

Anche per questo appaiono sempre più necessari degli sforzi condivisi per riuscire ad assorbire questi squilibri, come dicevo tempo fa. Il problema non è solo cinese, è pure nostro, non solo nostro, ma anche cinese (( Questa cacofonica frase mi serve a ribadire che il problema è di tutti, e la soluzione devono trovarla tutti. )) .

Non si gioca con l’economia. 😉

Photo credits | Polylepsis [CC-BY-3.0], attraverso Wikimedia Commons

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2 Comments

  1. @ simone
    qualcuno che si vuole piegare lo trovi sempre. ruby ad esempio 😛
    comunque complimenti per l’articolo. siamo nella merda.

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