[Pillole di storia italiana] Il primo, scandaloso semestre del 1974

Lo scandalo dei petroli, primo atto. Il punto è che nonostante il Natale al buio dell’anno precedente qualcosa nella politica si muoveva: il petrolio costa troppo? Ripieghiamo sul nucleare. Ma oltre queste “buone” intenzioni c’erano le mosse dell’Unione petrolifera: scoppia nel febbraio del 1974 il primo scandalo dei petroli. In pratica, l’Unione pagò tangenti a funzionari pubblici e politici per trenta miliardi di lire per fare i loro interessi, che era alzare quanto più è possibile il prezzo della benzina. Come ho detto la volta scorsa, infatti, le riserve di petrolio e simili erano piene, ma alle imprese ne arrivava sempre meno. Com’era possibile? Semplice, il petrolio veniva imboscato chiudendo gli occhi ai controllori grazie a fruscianti banconote. Il sistema funzionava, e infatti il CIP stava preparando nuovi aumenti delle tariffe (verranno bloccati per una settimana, poi interverrà in Consiglio dei Ministri, per alzarli, ovvio). E lo stesso avvenne con l’ENEL, che aveva intenzione di avviare un programma nucleare e che all’epoca era un colosso pubblico, quindi sensibile alle richieste dei funzionari corrotti. Lo scandalo ebbe vasta eco presso l’opinione pubblica, ma la politica seppe reagire: in soli sedici giorni venne approvata la legge Piccoli sul finanziamento pubblico ai partiti, uno specchietto per le allodole che non servirà a niente. Per la cronaca, nel corso dello scandalo i petrolieri mobilitarono anche fior di scienziati pur di bloccare il nucleare e assicurarsi altri trent’anni di prosperità a scapito della gente comune. I parallelismi con l’oggi (e non solo col nucleare, ma anche coi termovalorizzatori) li lascio come esercizio per il lettore.

Anche il resto dell’economia non spiccherà: fra qualche mese il governo bloccherà le importazioni nel tentativo di ridurre il passivo della bilancia dei pagamenti (3000 miliardi nel 1973), ma ciò comporta un rialzo generalizzato di tutti i generi di prima necessità, compresi gli alimentari, compresi quelli che dovrebbero essere prodotti in Italia. Sembra davvero che l’Italia sia ferma in attesa di Godot, tranne che per quanto riguarda le tasse: a giugno verranno addirittura istituite delle una tantum su casa, automobile e televisione.

Fine del Rumor IV. Alla fine del mese Ugo La Malfa si dimette dal ministero del Tesoro per contrasti con i socialisti sulla destinazione dei prestiti provenienti dal Fondo Monetario Internazionale: La Malfa (sempre a parole) vuole evitare che quei soldi vengano sprecati, mentre i socialisti (sta arrivando Craxi) hanno altri progetti. Il problema, però, è più profondo: nessuno sa esattamente come si usa la bussola dell’economia, e il governo continua a tirar fuori inefficienze che non riescono a risolvere l’emergenza economica, figuriamoci se riesce a tirar fuori le riforme di cui ha bisogno il Paese (( Sto parlando del 1974, non del 2010. Lo so, sembra uguale. )) . Il risultato è la fine del governo Rumor, con il premier che rassegna le dimissioni il 2 marzo. L’incarico di formare il governo tocca di nuovo a Rumor: la sua quinta e ultima esperienza da primo ministro è sostenuta da un tripartito con l’appoggio esterno dei repubblicani. Cadrà fra tre mesi, trasformandosi di fatto in un governo balneare.

Le BR alzano la testa. Il fatto che non li abbia menzionati ultimamente non significa che il Paese sia pacificato: continuano le proteste, gli scioperi sindacali, gli attentati e le gambizzazioni. Solo che non fanno più notizia, sono routine. Le cose, però, sono destinate a cambiare: il primo cambiamento avviene ad aprile, quando le Brigate Rosse passano ad un livello superiore. Il 18 avviene il sequestro del magistrato Mario Sossi: si tratta di un grande salto di qualità, sia per scelta dell’obiettivo (un importante pubblico ministero che ha rappresentato l’accusa contro diversi gruppi di sinistra fra cui XXII ottobre), sia per le modalità dell’azione e della gestione del rapimento, da veri professionisti. Le BR, insomma, sembrano più pericolose rispetto ai gruppi “artigianali”. Le richieste riguardano la liberazione di quelli che vengono definiti “prigionieri politici”: scoppiano rivolte nelle carceri, represse nel sangue, ma lo Stato non si piegherà al ricatto (ma lo fa con stile: prima il 20 maggio li libera, poi circonda il carcere coi carabinieri, quindi li incarcera nuovamente – Sossi verrà liberato il 23, ben un mese dopo il rapimento).

La strage di piazza della Loggia. Il secondo cambiamento (ma anche no) è una nuova strage: per coincidenza mi ritrovo a scrivere della strage di Piazza della Loggia proprio qualche giorno dopo l’ennesimo processo che ha sentenziato che la strage non è avvenuta (tradotto: non si sa ancora chi è stato). A Brescia, nella piazza eponima, scoppia una bomba durante una manifestazione antifascista (qui l’audio), provocando la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue. Stavolta non c’è dubbio sulla “zona” in cui cercare: i colpevoli sono estremisti di destra. Il problema è che quando ci si sposta a destra si cominciano a incontrare strani figuri che intervengono, depistano, nascondono prove, eccetera. Sicché le indagini si fanno sempre più complicate, fino ad arrivare, nel 2010, all’ennesimo smacco: imputati assolti con formula dubitativa (neanche a dirlo, mancano le prove). Grazie ai servizi segreti deviati, al segreto di Stato, eccetera, presto (nel 2050) verremo a sapere che il colpevole è il maggiordomo. (Di tutte queste cose ho parlato in futuro, a proposito della strage di Bologna).

La rivoluzione del divorzio. Maggio è però anche il mese in cui gli italiani, in uno sforzo di dignità, prendono a calci tutti: democristiani, post-fascisti, comunisti e sinistra tutta vengono sorpresi dal referendum sul divorzio, che si svolge il 12. Va a votare l’88% degli aventi diritto: ben oltre la metà, il 59,% è contrario all’abrogazione della legge, che quindi resta in vigore. La sconfitta, per tutti, non solo per la DC e la Chiesa, è netta non solo al Nord, ma anche al Sud, dove si vedono percentuali tutto sommato alte (40-50%), e lo stesso vale anche nel Sud del Nord (il Veneto). Ed è una sconfitta per tutti, sia per chi voleva l’abrogazione, per ovvi motivi, sia per chi era favorevole al divorzio, che ha affrontato la consultazione convinti della sconfitta e quindi non si è reso protagonista di una battaglia che fa finalmente entrare l’Italia nel club dei Paesi moderni. Almeno in apparenza. Ma è un’altra storia.

Rumor inciampa. A giugno, come già detto in precedenza, cade il governo Rumor, ma il presidente della Repubblica Leone comprende che non c’è ancora spazio per un nuovo governo: reincarica quindi Rumor, che mette in piedi, di fatto, un governo balneare, ovvero durerà fino all’autunno (senza però approvare la legge di bilancio che, come al solito, invece che in ottobre, verrà approvata a marzo, dopo tre mesi di esercizio provvisorio). Alla fine Leone dovrà arrendersi ed affidare l’incarico a Moro. Ma per ora ci fermiamo qui.

La chicca: il 25 giugno del 1974 esce il primo numero de il Giornale Nuovo di Montanelli.

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