Il trend del differenziale, ovvero siamo nei guai fino a prova contraria

Boelge storIeri sera a Ballarò Mario Sechi (( Che incidentalmente ha lavorato a Il Giornale, poi a Panorama e poi a Libero, quindi è un fulgido esempio di indipendenza e capacità giornalistiche (e con questo ho rotto il sarcasmometro). )) , direttore de Il Tempo (poveri loro) attaccava Massimo Giannini (( Che ci capisce di economia, visto che la infila ovunque anche quando non serve, come abbiamo visto ieri sera. )) , il quale un minuto prima aveva ricordato che il differenziale BTP-Bund (fra poco spiego cos’è) è ritornato sui massimi, e la ragione di ciò, secondo Giannini, era l’effetto Bunga Bunga, che non significa certo che la colpa è dei festini di Hardcore, quanto del fatto che i continui scandali che coinvolgono Berlusconi possano mettere in una posizione difficile il nostro presidente del Consiglio, impedendogli di fare l’interesse del Paese, piuttosto che dei suoi amici-ricattatori.

Lo spread (o differenziale) fra BTP e Bund (l’equivalente tedesco del BTP, il buono del tesoro decennale) indica la differenza fra quanto paghiamo noi italiani sul debito pubblico rispetto alla Germania, che è il Paese più forte e perciò preso come riferimento.

Più sale lo spread, più noi italiani dovremo pagare per i nostri debiti (più raramente sono i tedeschi a pagare meno, ma se le cose andassero bene, in tal caso lo spread resterebbe costante, all’incirca). Uno spread in salita indica che i mercati si fidano sempre meno di un certo Paese rispetto alla Germania.

Ora Sechi diceva che il fatto che lo spread sia di nuovo sui massimi non vuol dire niente, e che magari domani (oggi) sarebbe sceso. Vero. Ma Sechi, nella sua colpevole ignoranza, non dice che non conta tanto il valore osservato in un dato istante, quanto la direzione, ovvero il trend del differenziale.

I mercati salgono o scendono se sono guidati dagli acquisti o dalle vendite, ovvero c’è più gente che compra o vende rispetto al contrario: se prendiamo un grafico qualsiasi (da un minuto a un milione di anni) si può bene osservare che i mercati ondeggiano.

Ad esempio in questo momento il DAX è a 6767 punti. Un’ora fa era a 6755 (è salito). Ieri alle 16 era a 6810 (quindi è sceso). Un mese fa era a 6326 (ma allora è salito!). Nel 2007 era a 8000, nel 2004 era a 3600. Si sale, si scende, ma qual è il trend, la direzione?

Per stabilire se un trend è ascendente o discendente bisogna anzitutto stabilire il tempo da considerare: su timeframe diversi i trend potrebbero essere diversi.

Nel caso in esame, poiché non siamo trader intraday ma “macroeconomisti”, bisogna considerare un tempo di almeno qualche mese, come nel grafico (un po’ vecchiotto, agosto 2010, ma validissimo), riprodotto in questa pagina. In questo lasso di tempo si nota immediatamente che lo spread è in un trend rialzista, e il fatto che sia (ancora) sui massimi non è certo un segnale del fatto che la corsa al rialzo sia finita, anzi il contrario: quando si è all’interno di un trend è più alta la probabilità che tale trend continui piuttosto che si inverta.

La corsa finirà soltanto quando lo spread inizierà ad inanellare massimi e minimi decrescenti, ovvero sempre più piccoli, cosa che non stiamo esattamente osservando.

Questa è l’evidenza, e cioè che il differenziale continua a segnare nuovi massimi, ovvero che siamo in un trend rialzista. Per questo ha ragione Giannini quando, rispondendo a Sechi che affermava che domani potrebbe salire o scendere, ha più probabilità di aumentare che di diminuire in un periodo di tempo più lungo di un giorno, che è un timeframe abbastanza irrilevante per fini macroeconomici.

Questo ci dicono i fatti che Sechi, per ignoranza o per volontà, ha deciso di dimenticare: che stiamo coi ca**i.

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