Il vero e falso exploit del partito pirata svedese

Nel 2009 il partito pirata svedese fece parlare di sé grazie alla straordinaria percentuale di voti ottenuti alle elezioni europee (il 7%) grazie alla quale ha eletto due parlamentari a Strasburgo. All’epoca si parlò di grande risultato, di svolta, quasi di rivoluzione.

Pochi giorni fa, però, il partito pirata è riuscito a racimolare solo l’1,4% delle preferenze alle elezioni politiche, al di sotto della soglia di sbarramento e quindi tagliato fuori dal Parlamento. Di conseguenza blogger e giornalisti hanno parlato di tonfo inaspettato, fallimento e così via.

Il tonfo del partito pirata alle politiche, però, non è né un fallimento né un tonfo, tanto meno inaspettato, almeno per me. Le elezioni europee, infatti, sono consultazioni, per così dire (ingiustamente), di secondo livello, dove il peso del voto d’opinione è maggiore, e gli elettori si sentono più liberi di votare anche partiti minori. Questo, unito alla risonanza del processo a The Pirate Bay, ha consentito la vittoria (relativa) del Partito Pirata.

A dimostrazione di ciò, basta guardare in casa nostra: i radicali alle politiche del 1996 presero l’1,88% alla Camera, alle europee del 1999 l’8,5%, per poi ritornare alle successive consultazioni (tutte) qualche decimale sopra il 2%, addirittura infilati in accrocchi non troppo omogenei (tipo con i socialisti).

A tutto questo va poi aggiunto che le ultime elezioni erano fortemente condizionate dalla crescita dei nazionalisti, il che ha portato gli elettori non sprecare il proprio voto per schieramenti alternativi con poche speranze di entrare in Parlamento (come il Partito Pirata) al fine di non favorire l’estrema destra. Insomma, le elezioni svedesi sono facilmente spiegabili semplicemente leggendo un manuale di introduzione alla scienza della politica.

Niente di inaspettato, quindi, e neppure un fallimento epocale: il paragone va fatto più coerentemente con il 2006, da cui si evince che i pirati hanno raddoppiato i loro consensi percentuali (riuscendo, tra l’altro, ad accedere a qualche forma di finanziamento pubblico).

Sottolineo che difficilmente voterei un partito pirata italiano: questo pezzo serve solamente a mettere i puntini sulle i. Ho letto troppi commenti a riguardo che sembravano fatti sulla base di fondi di caffè piuttosto che sulle (numerose) teorie politiche, e stupidaggini simili vengono scritte spesso anche riguardo la politica (e l’economia) nostrana, aumentando il rumore, semmai non fosse sufficiente quello che già fa il Ca[pe]zzone di turno.

Occorre valutare l’evoluzione dei partiti su un periodo più lungo, e questo vale per il partito pirata svedese, per i radicali, per il movimento Grillo e tutti quelli che si presentano alle elezioni. Una rondine non fa primavera, soprattutto in politica.

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