In politica raramente s’inventa qualcosa di nuovo

Da sempre, quasi ogni volta che un politico parla in pubblico (non addomesticato e non pagato), vi sono state contestazioni e fischi. È normale, l’ho già detto in occasione dell’anniversario della strage di Bologna. E come ho detto di recente a proposito di Dell’Utri, contestare è un diritto conseguente alla libertà della manifestazione del pensiero.

Indignarsi e/o piagnucolare, anche solo per difendere l’ospite fischiato, è una presa in giro della platea che non contesta perché gli piace farlo, bensì perché vuole risposte (salvi i casi in cui quei fischi sono contro “semplici” avversari politici, si riconoscono dal fatto che il padrone di casa non si indigna, come fece Craxi con Berlinguer qualche decennio fa al congresso socialista e probabilmente quelli della Brambilla oggi contro Fini a Mirabello).

Io non sono certo un grillino, più volte ho ribadito che il movimento porta avanti buone idee con una insopportabile retorica leghista: i grillini (ma pure i leghisti della prima ora) altro non sono che il prodotto di una politica che ha deciso di smettere di funzionare (semmai l’ha fatto) una trentina di anni fa. Anzi, uno dei prodotti, visto che della categoria fanno parte innumerevoli soggetti, sia pure molto eterogenei, oltre a Grillo e Bossi, pure Berlusconi e Di Pietro.

C’è chi dice che Schifani non andava invitato alla Festa Democratica. Niente di più sbagliato: Schifani e tutti quelli come lui vanno invitati perché rispondano a delle domande tipo «Presidente, perché risponde chiaramente a chi l’accusa di avere avuto rapporti con mafiosi?». E allora Schifani, che tra l’altro non è una vergine insulti (Scalfaro e Montalcini lo ricordano bene) potrebbe cominciare a usare i suoi soliti -isti assortiti «giustizialisti maledetti, comunisti coprofagi, onanisti olimpionici», e allora tu lo incalzi con tutta la gentilezza del mondo, finché non ti dà una risposta chiara, non slogan, oppure se ne va e allora la tesi è dimostrata. La prossima volta Schifani non si presenterà e tu potrai dire: «L’abbiamo invitato, ci sarebbe piaciuto chiedergli di quel palazzo abusivo, di quell’incontro con quel tizio poi condannato per mafia…» eccetera eccetera, e farlo passare per quel che è: un vigliaccone.

Se il PD facesse questo (che poi è quello che si fa nelle democrazie in salute, incalzare fino a rincoglionire, ne sa qualcosa la governatrice dell’Arizona), i Grillo e i Di Pietro scampo non ne avrebbero, perché hai riportato la dialettica politica nei binari giusti.

Ma rispondere alle contestazioni supportando totalmente il contestato lustrandogli le scarpe con la lingua significa semplicemente far venire meno il tuo ruolo, perché lasci domande senza risposte e quindi spazio per altri attori che possano dare risposte al posto tuo. Risposta che probabilmente saranno sbagliate.

La storia si ripete e questo episodio altro non è che la riproposizione, per ora in piccolo, di fenomeni vecchi di un secolo. Qualche esempio? Negli anni Ottanta la DC, troppo impegnata a spartirsi lo Stato con gli altri partiti, smise di dare risposte al Paese creando spazi per altri soggetti che si proponevano di dare tali risposte e infatti, all’inizio degli anni Novanta, la Lega Nord aveva rubato camionate di voti alla DC nel Settentrione (che poi era la zona più dinamica del Paese).

E ancora, torniamo ancora più indietro: quando i liberali dopo le elezioni del 1919 non furono più in grado di tenere al guinzaglio popolari e socialisti (che avevano la maggioranza alla Camera) e di conseguenza le redini del governo in un momento delicatissimo (la fine della Prima Guerra Mondiale, la riconversione dell’economia, le richieste dei reduci, le proteste dei nazionalisti che ritenevano che l’Italia non stesse approfittando della vittoria, l’eco della Rivoluzione Russa, il biennio rosso), ecco che i poteri forti prima e la gente comune poi (ma mai la maggioranza) finirono per appoggiare un outsider, tal Benito Mussolini. Che successe ai liberali? Prima del fascismo furono spazzati via prima dal Nord (sostituiti da popolari e socialisti), durante il fascismo furono, chiaramente, formalmente aboliti; ma soprattutto dopo il fascismo, i liberali presero il 7% e 40 seggi nel 1946, il 4% e 20 seggi nel 1948 e il 3% e 13 seggi nel 1953.

Mentre il PdL farà una fine traumatica, il PD farà la fine della DC e dei liberali: prima spariranno dalle regioni del Nord (l’exploit di Grillo alle regionali non va dimenticato, perché nel caso della Lega e dei fascisti le cose cominciarono così, dal Nord), poi dal resto del Paese e chissà chi ne prenderà il posto.

Bersani, nel dire che Berlusconi trascina il Paese nelle fogne, dimentica di dire che la sinistra (per sua stessa ammissione) lo ha aiutato spesso in quest’opera di trascinamento. E che trattare Schifani con tutte le carinerie del mondo, invece di chiedergli conto del suo passato, sia pure con tutta la gentilezza e l’imparzialità del mondo, di certo non aiuta la causa. Non si tratta di inseguire Grillo e Di Pietro, ma di accogliere tali domande e metterle sulla strada giusta, usando giusto rispetto ma ferrea fermezza. O qualcuno a sinistra teme vendette via Feltri e Belpietro? In tal caso dovrebbero andarsene.

O si comincia a fare opposizione e politica vere, oppure qui non sparisce solo il PD, ma l’Italia intera.

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