Colossale incompetenza

Il copione è sempre lo stesso: Giulio Tremonti apre bocca e Phastidio fa notare che farebbe meglio a tapparsela con del cemento.

L’articolo stavolta vale ben più di una citazione perché mette in luce l’incapacità del ministro dell’Economia, che, per assurdo, è felice di non essere un economista.

Tremonti afferma, fra le altre, due cose: la prima è che lui la crisi l’aveva prevista nel 1995. La seconda è che la causa è la globalizzazione.

Riguardo la prima, basti quanto mi ha detto J_B: «Prevedere le crisi non è difficile. Ad esempio io prevedo (mettere a verbale, prego) che la bolla speculativa dell’edilizia abitativa in Italia scoppierà (di nuovo). Altra cosa è prevedere quando questo succederà e con che modalità (ma questo è bene non dirlo).» Insomma, posso tranquillamente dire che fra qualche anno ci sarà di nuovo crisi, e nessuno potrà smentirmi, perché sarebbe come smentire la gravità (se qualcuno vuole scommettere sono a disposizione). Ma sarà fra un anno, due, tre, dieci? Non posso dirlo, perché potrei fare una figuraccia. E per quale motivo si scatenerà la crisi? Mi guardo bene dal dirlo, perché potrei dire una scemenza.

Tremonti fa un bel passo falso, affermando che la colpa della crisi è della globalizzazione, come aveva detto nel 1995. Qui casca l’asino: tempo fa avevo raccontato come questa crisi è iniziata (anche se è meglio dire queste crisi). Infatti la colpa è, come dice bene Phastidio, dei troppi soldi che sono stati iniettati nel sistema. Questi soldi hanno creato diverse bolle. È come se i soldi fossero aria, e questa venisse insufflata in un palloncino. Avete mai provato a gonfiarlo troppo? Bene: dieci anni fa si creò una bolla, quella tecnologica, che è scoppiata pochi anni dopo e ha causato, al fine di sostenere l’economia, una nuova inondazione di denaro (se scoppia un palloncino ne gonfiate un altro, no? Altrimenti non si fa festa), che ha a sua volta causato la bolla delle case che ha causato la crisi dei mutui e che è scoppiata causando questa crisi economica, cui si sta rispondendo, ancora, con altro denaro, che causerà probabilmente una nuova bolla (azzardo una previsione: se non intervengono nuove regole, la prossima bolla sarà l’energia).

Dov’è la globalizzazione in tutto questo? Da nessuna parte. Tant’è vero che tempo fa a La storia siamo noi se la prendeva con la Cina e con le sue scarpe e con l’Europa che doveva mettere dei dazi per fermare, appunto, la globalizzazione. Peccato però che la crisi sia provenuta dall’altra parte del Pacifico, o, se volete, dall’altra parte del mondo, ovvero dagli Stati Uniti.

Tremonti non è economista, e si vede: la sua idea del mondo è il modello superfisso, dove tutto, input, output e tutto l’ambaradan è fisso, ma visto che la domanda aumenta, i prezzi aumentano allo stesso modo. Un’evidente assurdità, ma che è il comune pensiero di molti politici, sindacati e compagnia bella (forse perché è molto semplice, ma pensateci: detto in modo davvero terra terra, in un mondo che cambia ogni secondo può mai essere tutto fisso?).

Il discorso di ieri di Tremonti è una mostruosità che dimostra la sua colossale incompetenza, tant’è vero che si è rinchiuso nel populismo (che poi sarebbe stato trasmesso in tv alle milioni di pecore che non s’informano in altro modo o che non vogliono farlo) e si è messo a rassicurare gli imprenditori ivi presenti con misure che destano diverse perplessità (almeno finché non garantiscono effettivamente il lavoratore). E non poteva trovare platea migliore che il meeting di CL per dire cose del genere, visto che una qualunque platea di persone pensanti non avrebbe potuto fare a meno di tirargli le scarpe in faccia.

Ovviamente scarpe cinesi.

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6 Comments

  1. Io non sono di Cl e tu che scrivi sei forse uno di quelli che i casini economici hai contribuito a crearli. E adesso pensi di venire a raccontarci come risolverli. PIAZZA PULITA di questi economisti che sapevano tutto ………………….. come fregare la gente. Se Tremonti non è un economista è una fortuna. Meglio ignoranti che saccenti e cattivi.

  2. Na, nell'articolo mi limito a osservare che abbiamo messo i nostri soldi e il nostro futuro nelle mani di un tizio che non sa che sta facendo, non solo perché non conosce la materia (può una persona che non conosce una parola di italiano insegnare la grammatica italiana? E può usarla nella vita di tutti i giorni?), ma pure perché ha idee che non hanno fondamento.

    In altre parole, mi limito ad osservare la mancanza di buonsenso di certa gente che parla senza sapere.

  3. e quali sarebbero i fondamenti corretti dell'economia? Forse quelli che isegnano alla Bocconi, o altre università che sanno tutto e invece di economia non sanno proprio niente. O meglio sanno come fregare chi lavora.
    Mi spiego: chi produce beni e servizi è sempre più povero, chi gestisce e investe denaro è sempre più ricco. Il tutto non è più sostenibile. Fai te dove ti vuoi schierare; io ho già scelto. E per non perdere il filo del discorso, Tremonti ha avuto sin troppo le mani legate (e purtroppo le avrà ancora) per agire dove doveva farlo (banche, assicurazioni, operatori speculatori,ecc.) Mi auguro di vederlo a lungo questo uomo. Non è un Dio, non avrà competenza, ma è l'unico che ha un po di potere e dice certe cose. Seperiamo non lo facciano fuori troppo presto

  4. Caro amico, la persona che osanni non ne ha combinata una giusta da quando è ministro dell'economia (vedi http://www.dirittodicritica.com/2009/05/16/giul… ). Egli pensa di avere predetto una malattia, ma come ho scritto nel mio pezzo, ha sbagliato la diagnosi, e adesso vorrebbe curare l'influenza con degli antibiotici. Continuando su tale logica, se io dicessi “nei prossimi mesi pioverà sopra casa tua almeno una volta”, una volta che questo accadrà (perché accadrà) io dirò che non sono un metereologo, e che anzi, non essere metereologo aiuta. Dopodiché tu dovresti venire ad osannarmi, perché ho fatto proprio come il tuo beniamino.

    Quando si scopre una nuova malattia, chi si mette al lavoro per cercare una cura? I medici, i ricercatori o il pescivendolo all'angolo della strada? Tu vorresti il pescivendolo. Non è vero che gli economisti non hanno previsto la crisi, ce ne sono molti che l'hanno fatto e con maggiore precisione di Tremonti: il problema è stato che un pessimo governo, quale quello di Bush, ha preferito dare ascolto ad altri economisti, ma soprattutto agli affaristi, quelli che poi sono crollati o quasi, come quelli di Lehman Brothers. Hanno cercato una ripresa a tutti i costi senza che però vi fossero basi solide, preferendo andare di bolla in bolla. Bush e i repubblicani sono stati poi puniti e fatti fuori: nuovi economisti sono entrati nel gioco e stanno cercando la cura per questa crisi, perché questo è il loro lavoro. Tremonti è un ragioniere, al massimo un politico, e affermare di non capirci niente, per quanto candido e onesto, l'avrebbe portato, in un Paese civile, al suicidio politico.

    E veniamo alla tua frase: chi produce beni e servizi è sempre più povero, chi gestisce e investe denaro è sempre più ricco. Il tuo amatissimo è stato più volte ministro, e più volte non ha fatto nulla. Anzi, ha commesso immani stronzate: mentre nel mondo si susseguivano scandali finanziari per falsi in bilancio e tutti i legislatori del mondo emanavano leggi che inasprivano in modo esagerato le pene per questo reato, cosa ha fatto lui? Ha depenalizzato il falso in bilancio per salvare il suo capo. Ha reso il campo economico ancora più incerto, soffocando la concorrenza (l'incertezza del diritto aumenta il rischio, e colpisce quindi gli operatori, quelli che producono beni e servizi).

    Adesso tu parli del fatto che i bocconiani e compagni vogliono fregare chi lavora. Un vero peccato, è ciò che Tremonti si appresta a fare. Hai presente la legge per la partecipazione degli utili dei dipendenti? Partecipazione agli utili significa 1) partecipazione alle perdite 2) abbassamento del salario fisso grazie all'aggiunta della componente variabile. Considera che la metà delle imprese, in Italia, chiude l'esercizio in perdita, dunque quali utili vuoi distribuire? Il risultato è che chi lavora avrà uno stipendio ancora più basso, sia perché dovrà partecipare alle perdite sia perché non avrà diritto alla componente variabile del salario, mentre il proprietario, l'imprenditore (e i manager e i supermanager), avranno comunque, ancora, diritto a decidere il proprio stipendio, com'è ovvio e giusto che sia (perché quegli stipendi concorrono a formare il reddito di esercizio, dunque vengono decisi prima di vedere se vi sono utili da distribuire ai dipendenti). E questo lo dicono gli economisti. http://www.noisefromamerika.org/index.php/artic

    Dunque chi è che vuole fregare i lavoratori?

    Io ho già scelto dal 1994, quando il tuo amatissimo fece la legge Tremonti, che salvò le aziende del capo del governo. Il suo comportamento nei decenni successivi non ha fatto altro che confortare la mia scelta. Se tu hai scelto credendo alle chiacchiere di questa gentaglia, sinceramente, è un problema tuo e della tua coscienza. A prescindere dal colore politico, questi signori non prendono neppure in considerazione i begli ideali di cui tu parli, se non a parole, per arringare il gregge.

    Guarda ai fatti, non alle belle parole.

  5. Mi inserisco solo per aggiungere qualche riflessione sul versante giuridico:

    1) Spesso si afferma che c'è stata la depenalizzazione del falso in bilancio, ma non è vero. La manovra è stata più subdola e cerco di spiegarla in poche battute: a) il c.d. falso in bilancio (reato in realtà esteso anche alla falsità di altre comunicazioni sociali: art. 2622 c.c.) è procedibile d'ufficio solo se si tratta di società quotate; b) ciò comporta che per tutte le altre società dev'esserci una querela di parte (soci di minoranza o creditori sociali), i quali però devono prima accorgersi che il falso dannoso ci sia stato…e nel frattempo il reato si prescrive (considerate anche le pene relativamente basse: ad esempio, nei casi di società quotate in cui sia stato arrecato un “grave nocumento” ai risparmiatori, è prevista la reclusione da 2 a 6 anni…il che è francamente ridicolo, se lo si paragona alle regole statunitensi per le loro listed companies); c) anche se si riesce a portare la questione innanzi ai giudici, c'è il rischio che si chiuda tutto con un nulla di fatto perché la punibilità per il reato è comunque esclusa se l'alterazione nella rappresentazione contabile dello stato della società non sia “sensibile”, o comunque anche quando le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1%, o , ancora, se il risultato “falsato” non si discosti da quello corretto di oltre il 10%; d) ancora più ridicola è la situazione per le false dichiarazioni rese dalle società di revisione (ampiamente responsabili in molti degli ultimi grandi default): se attestando il falso od occultando informazioni rilevanti concorrono ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni senza causare loro danni patrimoniali, i responsabili per la revisione possono essere puniti con l'arresto (e non col la reclusione) fino ad un anno. Se, in più, causano anche un danno patrimoniale, allora scatterà la pensa della reclusione da uno a quattro anni. Resta fermo, però, che si deve provare che hanno agito “al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni”, il che può essere tutt'altro che agevole.

    Ops, il tutto è frutto di una legge di Berlusconi varata in pieno periodo di crack finanziari (Enron, Cirio, Parmalat…). Che strano!

    2) Per le società quotate italiane, oltre a confusi e pletorici tentativi per incrementarne la responsabilizzazione (penso al dirigente preposto ai documenti contabili), non c'è stata una seria legislazione tendente ad irrigidirne la disciplina, anzi, si è definitivamente minata la trasparenza e si è sancita l'incontendibilità internazionale delle nostre quotate. Per il momento, comunque, cito ad esempio soltanto i codici di autodisciplina. Redatti da un'associazione di categoria, possono o meno essere adottati dalle s.p.a. quotate, fermo restando che a) se non li adottano, devono soltanto spiegare perché non l'hanno fatto (c.d. comply or explain), b) non ci sono sanzioni specifiche per quelle società che, pur essendosi conformate al codice di autodisciplina, nei fatti non ne rispettino le prescrizioni.

    3) Sulla partecipazione dei lavoratori all'azionariato ho dubbi fortissimi: nessuno ha interessi a farlo, né governo (perché non vuole inimicarsi gli industriali, cosa che certamente accadrebbe se facesse una legge seria), né sindacati (che temono di vedere ulteriormente incrinato il loro ruolo di interlocutori privilegiati dei datori di lavoro). Il modello di cogestione germanico è distante dalla nostra tradizione di relazioni industriali (anche se non più di tanto, se solo si considera che nei consigli di sorveglianza – Aufsichtsrat delle AG tedesche siedono solo rappresentanti sindacalizzati dei lavoratori) e nessuno vuole importarlo. Basti pensare al fatto che quando si è proceduto alla riforma del diritto delle società di capitali (2003) era già presente un notevole corpus di normativa comunitaria in merito alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese (anche se intesa generalmente in senso debole come “diritto di informazione e consultazione) ed era già stato emanato il regolamento CE sulla società per azioni europea (a cui sarebbe seguito un numeroso gruppo di provvedimenti attuativi comunitari e nazionali), che espressamente contemplava forme di cogestione. Tuttavia, non si è affatto provveduto a coordinare la normativa nazionale con quella comunitaria.

    4) Circa la remunerazione degli amministratori, non credo sia opportuno lasciare loro completa libertà, specie se, come nel nostro ordinamento, il grado di trasparenza sui criteri per la determinazione delle componenti variabili dei compensi è minimo o nullo.

    5) Su Tremonti credo che abbia detto tu a sufficienza e vorrei qui limitarmi a sottolineare che, contrariamente a quanto da lui sostenuto, le banche italiane hanno ricevuto un fiume di denaro pubblico, e ciò ha impedito e impedirà nel futuro di attuare una qualsiasi seria politica sociale. “Bail out people” a chi, caro ministro?

  6. Ti ringrazio per le tue precisazioni, sono illuminanti (o almeno dovrebbero esserlo, se non fosse che per la maggior parte delle orecchie valgono in misura maggiore i proclami populisti, manipolatori, per non dire bugiardi).

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