L’anomalia dei prezzi del bar del Senato e quelli delle autostrade

La Repubblica ha pubblicato un articolo riguardante una diminuzione dei prezzi alla buvette del Senato: caffè, pasta, panini e altro costeranno di meno.

Facciamo qualche paragone, giusto per capire quale sia la differenza in termini di potere d’acquisto: un parlamentare guadagna circa quindicimila euro netti al mese, e con questo ribasso, se acquista, ad esempio, solo caffè, potrà acquistarne 35714. Una persona che guadagna, per esempio, 1500 euro netti al mese (e sto parlando di una persona tutto sommato ricca) fuori dal Senato potrà acquistarne 1500, il 4,2%. Se dentro il Senato vi fosse la medesima politica di prezzo, di caffè potrebbero comprarsene meno della metà.

A noi comuni mortali questo cambiamento non comporta granché, ovvero non dovrebbe esserci alcun aggravio di spesa ovvero ancora non dovrebbero succhiare altri soldi dalle nostre tasche. La multinazionale che ha vinto la gara d’appalto precisa che tale risparmio è dovuto a economie di scala, e cose del genere (ovvero economie dovute a innovazioni, sinergie, economie di scala o di scopo) avvengono in qualunque Paese ed economia con mercato efficiente, perché le imprese fanno a gara per aggiudicarsi l’appalto a prezzi minimi, ma con medesimi risultati in termini di qualità.

Il punto è che l’efficienza e dunque il risparmio sembra valere solo all’interno della casta. Le altre gare d’appalto il più delle volte si traducono in spese che spesso e volentieri vanno ben oltre il preventivato; non solo, ma altrettanto frequentemente i costi sono diverse volte superiori ai medesimi prodotti e servizi di altri Paesi europei.

Si può fare l’esempio delle infrastrutture (autostrade e ferrovie che costano miracolosamente tre, quattro, cinque volte quelle francesi o spagnole), ma pure in servizi che sono praticamente i medesimi. Qualche anno fa, per esempio, l’offerta Alice di Telecom Italia costava diverse volte in più della medesima offerta Alice che Telecom Italia proponeva ai clienti francesi (o altrimenti per lo stesso prezzo italiano, Telecom Italia forniva ai francesi molti più servizi). Striscia la notizia mandò pure il Gabibbo a chiedere spiegazioni. Era il lontano 2004, oggi Alice France è stata venduta (non riusciva a sostenere della sana concorrenza, la Telecom nostrana).

I motivi di questi scempi sono due: il primo è il fatto che in Italia non c’è un mercato. Le imprese fanno comunella con il beneplacito dei politici (basti pensare che la nostra normativa antitrust è una barzelletta). Il secondo è il solito problema di tangenti che da sempre attanaglia il Paese, che spiegavo in dettaglio tempo fa: se le imprese devono pagare una tangente a un politico, esse scaricheranno il costo sulle spalle dei contribuenti italiani, ad esempio attraverso nuovi studi che mostrano che il piano non contemplava altri costi oppure costruendo grattacieli di cartone destinati a crollare alla prima pioggia.

Può sembrare niente, e invece è tutto. Siamo pronti a sopportare tutto questo, spesso attaccandoci al politico locale che si preoccuperà di trovare una sistemazione per sé o per il figlio in cambio del voto suo e della propria famiglia. Magari nel breve periodo il sistema può funzionare, ma alla lunga collassa tutto.

Svegliamoci, siamo già nel lungo periodo. Il collasso del Paese, di questo passo, è imminente.

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