Stato di diritto o sprecopoli?

Ieri sera guardavo con piacere Matrix, il programma di Enrico Mentana. Si parlava degli sprechi della politica. Uno degli ospiti era Roberto Poletti: giornalista presso Vittorio Feltri, eletto nel 2006 nelle file dei Verdi. Questo giovane (di faccia, ma anche anagraficamente, avendo 37 anni, rispetto agli altri colleghi) ha deciso, dopo due anni di legislatura, ha deciso di non ricandidarsi. Il motivo? Prendeva 15 000 euro per non fare un emerito nulla: in una parola, faceva il peón.

Non solo: denuncia francamente che c’erano molti parlamentari che non facevano nulla, ma che comunque prendevano lo stesso stipendio di chi lavorava 16 ore al giorno. Ancora: siccome lo stipendio è anche a gettone (più sei in aula, più vieni pagato), i parlamentari fanno i pianisti; i nuovi imparano presto a fare il voto multiplo. Prima si mette la mano, oltre che nel proprio banco, anche in quello del vicino. La seduta successiva la mano finisce su entrambi i banchi vicini. Alla fine sei talmente esperto che riesci a suonare «una serenata lungo tutta la fila» (parole di Poletti). Un po’ questo, un po’ quello, alla fine i parlamentari prendono il gettone anche se non sono presenti. Basta fare i turni.

La discussione si è fatta accesa in merito alla legge-mancia. Questa vergognosa legge distribuisce un sacco di soldi a una marea di associazioni, comuni, enti locali. Immaginate di avere mille euro: se li distribuite a mille persone, ognuno avrà un euro, che “investirà” in un caffè, un giornale, un lecca lecca…che ci volete mai fare con un euro? Ma se invece, fra quelle mille persone, ne scegliamo una sola o due, quella con l’idea migliore, al fine di realizzare quell’idea non è meglio? Sì. Ma se gli diamo solo un euro, la sua idea non potrà mai realizzarla. Ma non è solo la stupidità dei finanziamenti a pioggia: c’è anche il problema che questi soldi sono andati in luoghi dove i parlamentari ne avevano bisogno per alimentare il clientelismo. Quei soldi (almeno in parte) sono finiti nelle tasche di amici e parenti. E intanto nelle ASL e nelle scuole manca la carta igienica.

Si è parlato anche di inutilità burocratiche: nel nostro Paese esiste non solo la Provincia, ma esistono anche cose come le comunità montane, delle associazioni di comuni (al momento, 358), che spesso di montane non hanno niente: vi fanno parte anche comuni costieri (!). Ma intanto prendono finanziamenti dallo Stato, mentre i consiglieri e i presidenti soddisfano il proprio ego ai danni dei cittadini, scrivendo il proprio incarico sul proprio biglietto da visita, e prendendo il lauto stipendio.

Esiste poi un organo costituzionale che in pochi conoscono: il CNEL. Chi non studia diritto probabilmente non lo conosce. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è previsto dal’articolo 99 della Costituzione, ed è un organo consultivo con potere di iniziativa legislativa. Attivo dal 1957, non ha praticamente fatto nulla. L’unico merito, è l’aver fatto quadrare i conti dello Stato, pur costandogli 15 milioni di euro l’anno. I membri di questo consiglio percepiscono poco più di mille euro al mese. Un Consiglio inutile, che rimane, viene copiato dai somali, ma che comunque continuiamo a pagare. Senza un perché.

Ma più di tutte, un’affermazione di Poletti mi ha colpito: che nel Palazzo in pochissimi si siano resi conto che la Piazza è (anche, se non soprattutto) su internet. E quei pochi che se ne sono accorti, hanno tentato (forse in buona fede) di imbavagliarli e azzopparli. Non solo il già noto e famigerato ddl Levi, ma anche, di recente, l’Agenzia delle Entrate: Stefano Corradino ci informa che l’Agenzia vuole che i siti web utilizzati «per divulgare informazioni relative all’attività esercitata anche solo a scopo pubblicitario, deve indicare nel proprio spazio web il numero di partita I.V.A.». Pazzesco. Nel resto del mondo, Cina compresa, nel bene e nel male, si comprende l’importanza di internet e la tecnologia “as is”. Evvai, fermiamo il commercio elettronico: uno prima provava a vendere, se gli andava bene continuava, e faceva il suo piccolo o grande commercio elettronico, su cui poi avrebbe pagato regolarmente le tasse. Ma se solo per provare a vendere devo perdere tempo e denaro per aprire la partita IVA, allora niente. E ci perde anche lo Stato, che non incamera quelle tasse. La burocrazia è asfissiante.

Forbes ha stilato di recente la classifica degli uomini più ricchi del mondo: in cima, fra i primi tre, vedo persone come Carlos Slim, magnate delle telecomunicazioni e Bill Gates di Microsoft. Persone che hanno fatto fortuna con internet e i computer. E in Italia? Sempre fra i primi tre, c’è il Ferrero, che ha fatto fortuna col cioccolato, e Del Vecchio, che ha fatto fortuna con gli occhiali. D’altronde, come si può fare fortuna con internet e le tecnologie, se la ricerca in Italia è sottofinanziata e sovraburocratizzata, e gli esperti IT emigrano all’estero, dove sono richiestissimi e strapagati?

Ogni giorno sempre più le magagne mettono la zavorra a questo Paese. Aspettando Argentina?

BUONE NOTIZIE: Il Papa, che domenica scorsa aveva ignorato il Tibet, ha capito di essere in errore, e oggi ha pregato per il Tibet (vabé, nel frattempo è scaduto l’ultimatum, la repressione cinese è scesa in campo, ma comunque almeno il gesto va apprezzato).

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